Garantire la biodiversità e il benessere della fauna ittica. Migliorare la sicurezza idraulica e favorire il naturale ripopolamento del corso d’acqua, recuperando anche parte dell’antica viabilità. Sono questi i risultati che verranno ottenuti grazie all’intervento di ingegneria naturalistica realizzato presso il torrente Gardone, nel parco nazionale delle Foreste Casentinesi (tra Emilia Romagna e Toscana). Nello specifico il Consorzio di bonifica 2 Alto Valdarno e l’Università di Firenze hanno collaborato per ricreare l’antica morfologia del fiume sfruttando la tecnica, ancora poco diffusa nel nostro Paese, dello “step-pool”.Insieme a Serena Stefani, presidente dell’ente consortile, abbiamo approfondito alcuni aspetti del progetto.
Quali sono le caratteristiche della tecnica “step-pool”? La tecnica step-pool, che abbiamo implementato insieme al professor Federico Preti dell’Università di Firenze e al suo team, viene utilizzata per consolidare l’ansa fluviale e per combattere i fenomeni erosivi, soprattutto quelli legati al trasporto solido. In sostanza si utilizzano materiali reperiti in loco, come pietre o sassi, per creare dei piccoli salti (mai superiori ai 90 centimetri di altezza) e delle pozze. In questo modo si evita la costruzione di briglie troppo alte e si rispetta appieno la naturalità dell’alveo fluviale.
In sintesi, quali sono i maggiori vantaggi legati alla scelta di questa soluzione nel ridisegnare la struttura delle riserve idriche?
Innanzitutto, come dicevo prima, non si tratta di un intervento invasivo, ma di un’operazione che consolida il fiume, rispettandolo al massimo. Inoltre abbiamo visto che questo intervento permette la risalita dei pesci. Con delle briglie troppo alte invece questo risultato non si potrebbe raggiungere. Inoltre abbiamo visto che, grazie a tutti questi salti, si favorisce una più efficace micro-ossigenazione dell’acqua, rivitalizzando i pesci e favorendo il ripopolamento di queste specie nell’ecosistema fluviale.
C’è anche un miglioramento in termini di sicurezza idraulica?
Sul fronte sicurezza idraulica, il contributo di un intervento di questo tipo è legato al fatto che mitiga il fenomeno dell’erosione e soprattutto lo scivolamento dei massi a valle. In generale si potrebbero fare altri interventi sul fiume per ottenere questi risultati, ma sarebbero operazioni più invasive e richiederebbero comunque il trasporto di altri materiali in loco. A volte, come in questo caso, l’intervento è su un torrente di montagna, per questo motivo sarebbe anche difficile arrivare sul luogo con dei mezzi per trasportare il materiale. Noi abbiamo utilizzato invece, grazie alla tecnica step-pool, il materiale presente in loco e soprattutto abbiamo realizzato un intervento che rispetta il più possibile la naturalità del fiume.
E’ una tecnologia già sperimentata? Quanto è diffusa nel nostro Paese?
Questa tecnica viene utilizzata nel nord Europa. In Toscana credo sia la prima volta che viene realizzata una sperimentazione di questo tipo. Ci sono altri casi in Trentino.
In concreto come si è strutturata la collaborazione con l’università di Firenze?
L’università ci ha aiutato soprattutto nella fase di progettazione e nel monitoraggio dei lavori, in modo che tutto si svolgesse nella maniera poi attenta possibile. Il progetto si è concluso con l’inaugurazione dell’opera e con l’organizzazione di un convegno che abbiamo organizzato insieme a studenti universitari in loco. L’obiettivo era illustrare le potenzialità di questa nuova tecnica per far sì che il progetto faccia da cassa di risonanza in modo da replicare la sperimentazione in altre zone del Paese.
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