La Sedec, commissione Politica sociale, Istruzione, Occupazione, Ricerca e Cultura, del Comitato europeo delle Regioni, l’organismo dell’Unione Europea composto dai rappresentanti degli enti locali territoriali provenienti dai 28 Stati membri, ha redatto a inizio aprile un progetto di parere in materia di bioeconomia e Stem (scienza, tecnologia, ingegneria e matematica). In particolare il focus del documento, che sarà adottato nella sessione plenaria del 26-27 giugno, è lo sviluppo di strategie per potenziare la bioeconomia sostenibile nelle regioni dell’Ue puntando sulla formazione in ambito Stem. I membri della commissione Sedec si sono conformati inoltre sulle modalità più efficaci con cui le città e le regioni possono contribuire agli obiettivi di sviluppo sostenibile delle Nazioni Unite relativi alla politica sociale, all’istruzione e all’innovazione.
La strategia dell’Ue per una bioeconomia sostenibile
Il tema della bioeconomia sostenibile è al centro della strategia presentata dalla Commissione europea a ottobre 2018. Nella cornice di questa iniziativa Ue si inserisce il progetto di parere della Sedec che è stato redatto da Jacint Horváth (HU/PES), rappresentante del governo locale di Nagykanizsa. Questa relazione, oltre a incoraggiare città e regioni a promuovere lo sviluppo del comparto, menziona la necessità di affrontare le disparità regionali in termini di performance su questi temi. In particolare, viene chiesta una maggiore cooperazione e un maggior coordinamento a livello transfrontaliero, interregionale e macroregionale. Si ritiene infatti che lo sviluppo della bioeconomia risulti maggiormente efficace superando i confini amministrativi dei singoli territori.
Coinvolgere tutti i soggetti a livello locale
“L’efficace attuazione della strategia di bioeconomia dell’UE richiede il coinvolgimento di città e regioni, nonché di ONG, ricercatori e imprese a livello locale e regionale. Entro il 2024 desideriamo che tutte le regioni dell’UE abbiano o la propria strategia di bioeconomia o parte delle loro strategia di specializzazione intelligente regionale dedicata a questo settore“, sottolinea il relatore Horváth.
L’innovazione a servizio della bioeconomia
Un contributo alla sviluppo del settore della bioeconomia proviene dalle biotecnologie, che nell’ultimo decennio hanno registrato dei progressi notevoli. Tanti sono gli ambiti di ricerca che possono offrire delle soluzioni performanti in grado di favorire uno sviluppo economico basato sull’adozione di processi e prodotti di origine biologica. Si va dalla genomica ad alto rendimento, all’ingegneria genetica e biologica, alla biologia sintetica, tutti rami di ricerca che stanno trasformando il panorama dei processi industriali e ambientali. In questo modo è possibile sostituire le sostanza chimiche con microrganismi, enzimi e altri prodotti di origine biologica, ad esempio in comparti come l’agricoltura o la produzione di biocarburanti.
Biotecnologie per la conversione della biomassa lignocellulosica
Un elemento chiave che caratterizza il comparto della bioeconomia è l’utilizzo di risorse rinnovabili. Un esempio in tal senso è la biomassa lignocellulosica che può diventare una buona fonte di sostanze chimiche e biomateriali verdi, riducendo cosi la dipendenza dai combustibili fossili. Tuttavia un passaggio obbligato per l’utilizzo di questa biomassa è il pretrattamento per la rimozione della lignina. In questo modo la cellulosa e all’emicellulosa, i componenti principali della biomassa, possono essere utilizzati in diverse filiere.
Su questi temi ha lavorato il Laboratorio di Micologia e Biotecnologie dell’Università Nazionale Agraria di La Molina in Perù, che sta conducendo un progetto di ricerca sostenuto da Innovate Peru per utilizzare residui di legno per la produzione di enzimi cellulosici per uso tessile con la collaborazione del National Technological Innovation Center for Wood (CITE MADERA). La ricerca è riuscita a isolare e sequenziare un ceppo di Trametes polyzona, un particolare tipo di fungo con un’alta capacità di rimuovere la lignina dai residui di legno. In questo modo si è riusciti a degradare il lignocelullosio in maniera naturale senza processi chimici rendendo utilizzabili i residui di legno come biomassa.
Biocarburante dai trucioli di legno
Un altro esempio delle elevate potenzialità delle biotecnologie è quello dell’azienda norvegese Statkraft, che opera nel settore dell’energia rinnovabile. Il gruppo ha ideato un processo per produrre biocarburante da trucioli di legno e altri rifiuti solidi organici. Il procedimento, definito idrotermodicnamico, si svolge a temperature e pressioni estremamente elevate e partendo dal legno permette di ottenere questo carburante green. L’idea di Statkraft non è però quella di concentrarsi sul settore automobilistico, bensì su quello aereo, ancora poco indagato. Nell’ambito di questa iniziativa di ricerca è stata creata una joinventure tra Statkraft e il gruppo forestale svedese Sodra denominata Silva Green Fuel.
Un mercato ad elevato potenziale
La bioeconomia rappresenta dunque un settore ricco di spunti legati all’innovazione che abbinano le tecnologie più all’avanguardia con la tutela dell’ambiente. In tal senso il comparto si inserisce in maniera positiva in un trend economico globale caratterizzato dal binomio indissolubile tra sviluppo economico e sostenibilità ambientale.
L’esempio della Malesia
Tra i tanti paesi del mondo dove la bioeconomia può giocare un ruolo chiave c’è anche la Malesia. Il governo malese ha riconosciuto infatti il settore delle biotecnologie come uno dei principali fattori strategici per promuovere lo sviluppo sociale ed economico del paese. A tal fine, è stata creata nel 2005 la National Biotechnology Policy (NBP), che punta a sviluppare ulteriormente agricoltura, sanità e produzione industriale, nonché sostenere la crescita di un ecosistema abilitante in tutto il mondo scientifico, accademico e tra le realtà imprenditoriali nel paese.
La creazione della Malaysian Biotechnology Corporation
Successivamente è stata introdotta la Malaysian Biotechnology Corporation, un’agenzia responsabile dell’attuazione coordinata dellaNational Biotechnology Policy. La National Biotechnology Policy sostiene che entro il 2020 la Malesia sarà un attore globale nel settore delle biotecnologie, con almeno 20 società nazionali operanti sugli scenari globali. Per raggiungere questo obiettivo, la Malesia promuove le Pmi a base biologica attraverso il programma BioNext, che fornisce incentivi per stimolare la crescita delle Pmi che vengono definite Bionexus, con particolare riferimento quelle che cercano di ampliare la propria presenza sul mercato in altri paesi e regioni.
“Abbiamo circa 260 società BioNexus e la maggior parte sono PMI. Lo sviluppo delle PMI è una componente molto importante della bioeconomia, intesa come una importante fonte interna per la crescita e per promuovere un settore basato sul bio-settore privato“, spiega sul sito infocus, Mohd Nazlee Kamal, amministratore delegato della Malaysian Biotechnology Corporation. “Le PMI contribuiscono per un terzo del PIL della Malesia, circa il 60% dell’occupazione nell’industria e il 20% del mercato di esportazione. Contribuiscono al dinamismo economico, stimolano l’innovazione in nuovi settori“.
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