La ristorazione in Italia, che siano bar o ristoranti, consuma ogni anno circa 8,6 miliardi di KWh di fatto 26mila KWh di elettricità medio per esercizio. Si tratta di quasi 10 volte di più dei consumi di una famiglia media. Contenere questi consumi, e i costi ad essi connessi, può rappresentare la differenza tra il continuare o meno la propria attività.
I dati di scenario, rilevati dall’Ufficio Studi di Fipe (Federazione italiana pubblici esercizi) evidenziano come i valori possano variare sensibilmente in base alla tipologia di struttura: dai 17mila KWh di un piccolo caffè ai 45mila KWh di un bar pasticceria, dai 15mila KWh di una pizzeria a taglio ai 142mila KWh di un self service.
Un settore energivoro per natura
Un settore inevitabilmente energivoro, data la necessità di alimentare elettrodomestici, posti alla conservazione degli alimenti e alla cottura, e data la necessità di illuminare e climatizzare i locali.
Solo nei ristoranti, sempre secondo lo studio sono installate più di 250mila lavastoviglie, 540mila frigoriferi e 280mila celle. Per non parlare delle centinaia di migliaia di forni o delle 200mila macchine per l’espresso nei bar.
L’efficienza energetica di queste attrezzature è centrale per ridurre i costi in bolletta e limitare l’impatto sui consumi generali del sistema Paese. Iniziativa su cui l’aver imposto da legge l’uso di frigoriferi efficienti ha riposto alcuni risultati.
L’importanza di una diagnosi energetica
È centrale la realizzazione di una diagnosi energetica della struttura per comprendere davvero quale strada intraprendere per abbattere i consumi, perché oltre all’ambiente anche il costo in bolletta ha un suo impatto notevole nella solidità di una realtà imprenditoriale.
Non tutte le esigenze sono le stesse c’è chi ha bisogno di ridurre i consumi della cucina e chi spende molto in illuminazioni dei locali. Quindi partire da alcuni dati reali sui proprio consumi è fondamentale. Fatto questo, implementazioni domotiche e un po’ di attenzione, possono fare la differenza. Ad esempio lo sgravo dell’accisa sul gas. Questa può raggiungere anche il 90%, ma per averla va fatta richiesta.
Spreco alimentare altra forma di sostenibilità
Gli alti consumi energetici dei pubblici servizi non implicano che andare a mangiare fuori possa nuocere all’ambiente, anzi, la situazione si ribalta se guardiamo allo spreco alimentare. Secondo i dati 2018 dell’Osservatorio Waste Watcher, in Italia è stato sprecato cibo per un valore complessivo di 8,5 miliardi di euro (0,6% del PIL nazionale) e i maggiori sprechi provengono dalle famiglie. Ogni italiano getta poco meno di 1 etto di cibo al giorno tra quanto lascia nel piatto e i cibi che scadono non consumati.
Una curiosità, i surgelati sono l’alimento che resiste meglio agli sprechi (solo il 2,5%). Tra i più gettati troviamo invece i prodotti a breve scadenza (che arrivano fino al 63%). Questo almeno secondo i dati 2017 Progetto “Reduce”, promosso dal Ministero dell’Ambiente in collaborazione con Università di Bologna-Distal, Politecnico di Milano-Dica, Università della Tuscia-Deim, Università di Udine-Deis e ULSS 20 di Verona. Anche l’indagine condotta dalla Fipe sulle abitudini di consumo degli utenti riflette questo risultato. Il 91,1% degli intervistati usa il freezer per evitare lo spreco, nonostante ciò il 46,6 % dichiara di acquistare di cibo in eccesso che poi getta nella spazzatura.
Sullo spreco alimentare leggi anche: Lotta allo spreco alimentare, un primo passo verso la sostenibilità
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