In Russia, Cina e Canada i forti interessi che si concentrano intorno al settore fossile potrebbero indebolire l’azione dei governi in termini di contrasto al cambiamento climatico causando un innalzamento delle temperature mondiali di circa 5°C entro la fine del secolo.
E’ quanto emerge da uno studio pubblicato sulla rivista scientifica Nature Communications realizzata da un team di studiosi dell’Università di Melbourne e del Potsdam Institute for Climate Impact Research.
La classifica
Dopo questi tre Paesi troviamo in classifica Stati Uniti e Australia, nazioni dove l’incremento delle temperature previsto è pari a 4°C. Giudizio negativo anche per l’Unione europea, di solito vista come realtà virtuosa in termini di lotta al climate change, starebbe per raddoppiare il valore di 1,5°C.
Obiettivo 1,4°C
In questo scenario, per arrivare al raggiungimento dell’obiettivo dei 2°C bisognerebbe puntare su un obiettivo virtuale di 1,4°C.
Divario tra politica e scienza
Tra i temi evidenziati dallo studio anche il forte divario tra il mondo scientifico e quello della politica. Chi è al governo rappresenta l’elemento chiave per rendere operativa la lotta al climate change decidendo le misure concrete da mettere in atto, ma spesso non dà il giusto peso agli avvertimenti e alle ricerche realizzate dagli scienziati.
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