Gli effetti devastanti legati al cambiamento climatico sono molto più rilevanti rispetto alle stime realizzate finora. A rivelarlo sono due distinti studi che analizzano in particolare l’impatto del fenomeno sui ghiacciai dell’Antartide e sul deserto del Sahara. Dalle ricerche emergono due scenari speculari ma ugualmente preoccupanti. Se, da una parte, la superficie dei ghiacciai si sta riducendo a seguito dell’innalzamento delle temperature, dall’altra quella del deserto del Sahara ha subito un incremento rilevante.
Lo scioglimento subacqueo dei ghiacci dell’Antartide
Ad accendere i riflettori sulla situazione preoccupante dell’Antartico sono stati i ricercatori dell’Università di Leeds, secondo cui il cambiamento climatico sta modificando quest’ambiente in maniera molto più rilevante rispetto a quanto era stato stimato finora. L’innalzamento della temperatura, secondo lo studio pubblicato dagli studiosi sulla rivista Nature, ha portato infatti la base di ghiaccio situata vicino al fondo oceanico attorno al Polo Sud a ridursi di 1.463 chilometri quadrati tra il 2010 e il 2016. Se fino a qualche anno fa questa zona poteva essere considerata relativamente stabile, ora non è più così. In base alla ricerca, emerge come non servano grandi variazioni di temperature per causare effetti disastrosi, è purtroppo sufficiente un piccolo incremento per registrare una perdita di cinque metri all’anno dal bordo inferiore della calotta glaciale, anche in quella porzione di ghiacciaio collocata a più di 2 km sott’acqua.
Deserto del Sahara, cresciuto del 10% dal 1920
Ma gli effetti catastrofici del cambiamento climatico non si limitano ai ghiacciai. Se infatti da una parte i ghiacci si sciolgono, dall’altra la superficie desertica avanza. E’ questo il caso del deserto del Sahara che secondo uno studio dell’Università del Maryland (UMD) ha visto aumentare la sua superficie del 10% a partire dal 1920. Gli scienziati ritengono infatti che il motivo più probabile dello spostamento delle sabbie in nuove regioni sia l’evoluzione del clima.
I ricercatori sono arrivati a questa conclusione analizzando una serie di documenti inerenti le precipitazioni medie annue a partire dal 1920. In particolare, basandosi su tendenze annuali al posto di quelle stagionali, è emerso come il Sahara si sia “allargato” del 10% nel periodo 1920-2013.
AMO e DOP
Gli elementi che la ricerca ha preso in considerazione sono stati in particolare una serie di cicli climatici complessi che influenzano le condizioni nel Sahara, tra cui il Pacific Decadal Oscillation (PDO) e l’ Atlantic Multidecadal Oscillation (AMO). Il primo è uno schema di interpretazione della variabilità climatica oceanica a bassa frequenza delle SST (ovvero le temperature delle acque superficiali) dell’Oceano Pacifico settentrionale. Un’analisi che si articola in due fasi, una calda e una fredda, che si alternano ad intervalli temporali di almeno dieci anni. L’AMO è invece uno schema climatico del nord Atlantico che fornisce la temperatura superficiale (SST) del tratto di oceano compreso tra l’equatore e la Groenlandia. Combinando questi due valori gli studiosi sono riusciti a comprendere come circa un terzo dell’espansione del Sahara sia dovuta ai cambiamenti climatici causati dall’attività umana
Spiagge e cambiamento climatico
Gli effetti distruttivi del climate change non risparmiano neanche le spiagge del nostro pianeta. Entro il 2100, infatti, i livelli del mare potrebbero salire di un livello compreso tra 0,2 e 2 metri in base all’aumento della temperatura della Terra. Un fenomeno generalizzato e globale che ridurrebbe così lo spazio costiero attualmente disponibile. L’aumento delle temperature influisce in maniera negativa anche sugli ecosistemi marini che, già “stressati” dalle temperature più alte, sono meno resilienti all’inquinamento prodotto dall’uomo. Questo scenario ha portato in alcune zone costiere, come la Thailandia, a chiudere ai turisti le spiagge per determinati periodi all’anno.
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