Ridurre i rifiuti prodotti dall’uso di capsule e cialde di caffè facendo in modo che la polvere di caffè esausta venga utilizzata per l’estrazione di antiossidanti e lipidi naturali per l’industria alimentare. E’ questo il perno attorno a cui ruota lo studio realizzato dal team di ricerca della Facoltà di Scienze e Tecnologie della Libera Università di Bolzano coordinato dal professor Matteo Scampicchio. Un risultato che è stato possibile ottenere sfruttando le potenzialità di un impianto che funziona con CO2 supercritica (in uno stato a metà tra gassoso e liquido) e che, nell’industria, ad esempio, viene già usato nella produzione del caffè decaffeinato. Analogamente il processo è stato sfruttato dal team del professor Scampicchio per estrarre oli essenziali, antiossidanti e coloranti, come alternativa “green” rispetto a quei processi di estrazione che utilizzano invece solventi organici.
Il professor Scampicchio ha approfondito con Canale Energia alcuni aspetti legati alla ricerca.
Abbiamo dimostrato con questa ricerca come, utilizzando una tecnica innovativa di estrazione basata sull’uso dell’anidride carbonica in fase supercritica, sia possibile estrarre dalle polveri di caffè esauste una grande varietà di sostanze lipidiche e di antiossidanti naturali.
Da dove è nato l’input per la ricerca? Quali risultati avete ottenuto?
L’input della ricerca è nato osservando la quantità di spreco che noi stessi producevamo con l’utilizzo delle cialde di caffè in ufficio. Siamo un gruppo di ricerca di circa dieci persone che bevono mediamente due caffè al giorno. Dopo nemmeno una settimana ci siamo resi conto di aver consumato già 140 capsule. Se per l’alluminio esistono tecnologie che ne consentono il riutilizzo, riducendone così l’impatto ambientale, invece non pare che vi sia al momento grande interesse per il recupero del caffè esausto. Forse il motivo è che si è sempre pensato che gli elementi nutrizionali più pregiati come gli antiossidanti venissero già estratti con il caffè in bevanda. Invece, abbiamo dimostrato con questa ricerca come, utilizzando una tecnica innovativa di estrazione basata sull’uso dell’anidride carbonica in fase supercritica, sia possibile estrarre dalle polveri di caffè esauste una grande varietà di sostanze lipidiche e di antiossidanti naturali. Inoltre, separando ulteriormente gli antiossidanti dalla componente lipidica, si è visto come il potere antiossidante di questa frazione sia estremamente potente, capace per esempio di arrestare la formazione di radicali liberi.
Gli impieghi
Quali impieghi può avere il caffè sottoposto a estrazione con anidride carbonica in fase supercritica? Che impatto può avere da questo punto di vista ?
Le applicazioni sono notevoli. In campo alimentare, i grassi vegetali sono importanti nella preparazione di creme, emulsioni, salse, patè, macinati e in molti prodotti della pasticceria o dei prodotti da forno. Ma esistono altri settori, come il mangimistico e il cosmetico che potrebbero riutilizzare la frazione lipidica del caffè. La chiave di tutto è sfruttare completamente il materiale prima che venga buttato via. Anche per quanto riguarda, invece, gli antiossidanti le applicazioni sono numerosissime. Gli antiossidanti naturali sono ingredienti pregiati non solo negli alimenti, ma anche nei prodotti farmaceutici o negli integratori alimentari. È infatti noto come gli antiossidanti, come i polifenoli, siano in grado di proteggerci dall’ossidazione e dalla formazione dei radicali liberi.
Sostituire l’olio di palma
Si potrebbe ad esempio sostituire l’olio di palma?
Il riutilizzo delle cialde di caffè esauste potrebbe essere molto importante come alternativa green all’uso di altri olii con maggiore impatto ambientale, come, ad esempio, l’olio di palma. Questo è un olio vegetale che viene raffinato più volte per aumentare il contenuto in acidi grassi saturi, ed essere quindi meno soggetto all’ossidazione. Analogamente, anche la componente lipidica estratta dalle cialde di caffè ha caratteristiche simili e, attraverso opportuni processi di raffinazione, potrebbe essere utilizzata per sostituire in tutto o in parte altri olii meno sostenibili come quello di palma.
Gli elementi per un trasferimento tecnologico ci sono. Il materiale di partenza è a basso costo e disponibile in grande quantità. Le tecnologie di estrazione sono anche assodate e reperibili. Collaboriamo per esempio con alcune aziende sia nazionali che internazionali che hanno già questi impianti di CO2 supercritica a disposizione, anche di grandi dimensioni.
Ci sono le premesse concrete per rendere il processo proficuo anche da un punto di vista industrale? In sostanza ci sono gli elementi per rendere il progetto sostenibile da un punto di vista economico?
Gli elementi per un trasferimento tecnologico ci sono. Il materiale di partenza è a basso costo e disponibile in grande quantità. Le tecnologie di estrazione sono anche assodate e reperibili. Collaboriamo per esempio con alcune aziende sia nazionali che internazionali che hanno già questi impianti di CO2 supercritica a disposizione, anche di grandi dimensioni.
E’ però evidente che il piccolo produttore difficilmente potrà inventarsi dall’oggi al domani un impianto nuovo, perché un’operazione di questo tipo richiederebbe un investimento notevole. Una soluzione potrebbe essere quella di svilupare dei consorzi tra piccoli produttori e, attraverso finanziamenti di innovazione industriale, di mettere a disposizione le tecnologie impiantistiche di estrazione.
Può fare un esempio concreto?
Qui in Alto Adige, ad esempio, la Provincia ha realizzato assieme alla Libera Università di Bolzano e altri Enti locali, il NOI Tech Park, un Parco tecnologico che è proprio inteso come servizio di ricerca e sviluppo per le imprese locali. In questo senso, la Libera Università di Bolzano vuole incidere sul territorio puntando molto su ricerche con un forte potenziale di trasferimento tecnologico. Se infatti è chiaro che le piccole realtà locali non possono accollarsi gli ingenti investimenti richiesti da tecnologie di questo tipo, il NOI Tech Park di Bolzano può rappresentare un sostegno alle imprese. Queste possono affittare spazi, sviluppare start-up ed essere seguite e sostenute dall’Università e dai principali centri di ricerca altoatesini. Questo è certamente un progetto virtuoso della Provincia e di sicuro vantaggioso a livello competitivo per le imprese altoatesine.
Un’opportunità per le aziende
Quest’innovazione potrebbe cambiare l’approccio al caffè? In che modo?
Da consumatore di caffè, ho sempre pensato che un limite delle cialde usa e getta fosse proprio il loro impatto ambientale. Ecco, che se le case produttrici di cialde adottassero quest’approccio di recupero degli scarti, potrebbero creare intorno alla cialda di caffè un’immagine più green e sostenibile. In questo senso, la bioeconomy è una chance per le aziende per promuovere ancora di più i loro prodotti.
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