“Abbiamo sviluppato la tecnologia del contatore elettronico. Siamo diventati industriali di eccellenza nel campo dei Led. E, nonostante questo, tutt’ora possediamo una visione miope sullo sviluppo della filiera energetica”. Il nodo centrale di tutto il Renewable Energy Mediterranean Conference&Exhibition, tenutosi lo scorso 26 e 27 marzo, è diventato quasi un refrain, composto da Luca dal Fabbro, presidente di Domotecnica, e ripreso da Vittorio Chiesa, Energy &Strategy Group. Entrambi, infatti, dipingono un Paese che dispone di tecnologie mature, ma che non ha ancora adottato misure incentivanti per sfruttarle a pieno.
“Con la sostituzione forzata delle vecchie tecnologie si registrano grandi vantaggi: se guardiamo al comparto industriale ci sono stati importanti ritorni derivanti dall’installazione di sistemi di autoproduzione, dall’isolamento degli edifici e dalle tecnologie di supporto (illuminazione, area compressa, refrigerazione…)” afferma Chiesa, che prosegue “Considerano il regime di sostituzione forzata, introducendo il tempo di payback e il sistema di incentivazione e detrazione fiscale, le tecnologie maggiormente convenienti restano gli inverter, la cogenerazione e i motori”. Ma, individuate le tecnologie che garantiscono gli introiti maggiori, bisogna ricordare che le innovazioni con tempi di ritorno superiori ai due anni non vengono poi prese in considerazione dalle aziende proprio per la lunghezza dell’ammortamento.
Alberto Cei, rappresentante della francese Natixis, spiega come stiano cambiando le strutture di finanziamento alle rinnovabili “che non possono più sostenere opere sul lungo termine” e devono riuscire ad “attirare finanziatori istituzionali. In questo modo solo la struttura normativa (project bond e mini bond) che sarà preservata da misure retroattive potrà sostenere la fattibilità dei finanziamenti”.
Uscendo dai confini nazionali, sembra che sia l’Europa in primis a non adottare buone pratiche per promuovere l’efficienza e combattere il free-riding. “La Comunità Europea ha rivisto gli obiettivi della strategia 20-20-20 e puntato alla riduzione del 40% dei gas serra nocivi entro il 2030. La sfida, lanciata all’Europa intera, non consentirà di controllare come i singoli rispetteranno i vincoli imposti” sostiene Carlo Bollino, presidente AIEE,“Inoltre, le differenze tra i costi e i benefici dei diversi membri, li incentiverà a non rispettare i propri doveri e a preferire il pagamento delle sanzioni”. Riprendendo le fila del discorso, dobbiamo “implementare la filiera produttiva investendo nell’efficienza energetica e, quindi, nei settori delle costruzioni e dei trasporti, negli impianti ad energia nazionali e nelle opportunità che già si possiedono (mobilità elettrica, storage, smartgrid…)”, Attilio Raimondi, Regione Emilia Romagna.
“In Italia la filiera va sviluppata coltivando e sostenendo i modelli competitivi del Paese. Solo con un meccanismo di integrazione tra ESCo, produttori e utility (tra prodotti, tecnologia e finanziamento quindi) la si può alimentare” Luca dal Fabbro.
Possediamo, quindi, la “cultura dell’efficienza” e molte competenze nell’ambito del risparmio energetico.“Dopo aver conseguito gli obiettivi di Kyoto, prima considerati irraggiungibili, abbiamo puntato sulle rinnovabili e stiamo lavorando sulla misura dell’efficienza” conclude Davide Tabarelli, di Nomisma Energia. “Supportata dal piano di Strategia Energetica Nazionale, l’Italia deve, in collaborazione con la Comunità, puntare alla riduzione dell’elevato prezzo della CO2, attualmente attorno 1000 euro per tonnellata, e coltivare le proprie risorse”.
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