Un gruppo di studiosi, provenienti dalla Swedish Defence Research Agency, lo Swedish Meteorological and Hydrological Institute e l’università di Stoccolma, coordinato dal fisico Lars-Erik De Geer, ha formulato una nuova ipotesi sulle cause del disastro nucleare di Chernobyl. Secondo i ricercatori – che, come si legge su Science Alert, hanno pubblicato un articolo sulla rivista scientifica Nuclear Technology – la prima esplosione sarebbe stata con più probabilità un’esplosione di natura nucleare. In pratica l’esplosione nucleare avrebbe portato a un’esplosione di vapore e non viceversa, come si era creduto finora.
La teoria
Secondo lo studio, quattro giorni dopo le esplosioni a Chernobyl, gli studiosi del centro di ricerca sul radio V.G. Khlopin di San Pietroburgo avrebbero identificato a Cherepovets (a qualche centinaio di km da Mosca) la presenza di xeno. Questo elemento introdurrebbe una relazione con la traiettoria delle scorie a seguito dell’esplosione della centrale e porterebbe a suffragare la teoria dell’esplosione nucleare precedente a quella di vapore. Questa città, infatti, secondo il team di studiosi è lontana dal percorso di contaminazione che si è verificato in Europa e Scandinavia, per questo motivo si è ipotizzata un’esplosione nucleare iniziale che avrebbe sparato a circa 2 miglia d’altezza detriti nucleari in direzione del cielo. A questo punto il getto radioattivo avrebbe interagito con gli agenti atmosferici diretti a loro volta verso Cherepovets a nord est, mentre le scorie dell’esplosione che ha frantumato il reattore si sarebbero invece dirette verso nord ovest
Il lampo blu visto da un testimone
A suffragare questa teoria, spiega Science Alert, anche la testimonianza di un pescatore locale che avrebbe visto un lampo blu sul reattore, elemento che fa ulteriormente propendere per la teoria dell’esplosione nucleare.
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