La destinazione d’uso prettamente alimentare, “non suscettibile di generare un rifiuto”. E’ questo l’elemento in base al quale l’olio extravergine di oliva è escluso dal contributo ambientale – previsto dal primo luglio per gli oli e i grassi vegetali esausti – che si deve pagare al CONOE (consorzio che si occupa della raccolta degli oli esausti). A fare chiarezza sul tema è lo stesso consorzio che mira a fornire informazioni chiare e precise su un tema che negli ultimi giorni ha destato non poche preoccupazioni tra i produttori olivicoli.
Olio extravergine di oliva, perché è esente
“Il consorzio prevede di esentare l’olio extravergine di oliva dal contributo in quanto questo prodotto non ha una destinazione d’uso per cui possa diventare un rifiuto – ha spiegato a CanaleEnergia Tommaso Campanile, consigliere delegato del CONOE – Viene utilizzato come alimento, mentre, ad esempio, gli oli di semi vengono utilizzati o per le conserve o per le fritture o per altri tipi di cottura per cui il residuo che si forma diventa un rifiuto”.
La norma dell’articolo 10 della legge 154/2016
L’applicazione del contributo è regolata dalla norma dell’art. 10 della legge 154/2016, sottolinea il consorzio, e mira ad assicurare razionalità ed equità del sistema. In particolare Il comma 3 dell’art.10 prevede che l’olio extravergine di oliva sia sempre escluso indipendentemente dalla confezione (se non vi siano ovviamente particolari lavorazioni che generano rifiuti, fatta comunque esclusione per le conserve in olio extravergine), così come gli oli di oliva vergine e gli oli di oliva in confezioni fino a 5 litri. Sono, inoltre, esenti dal contributo altri oli vegetali in confezioni fino ad 1 litro; grassi animali e vegetali in confezioni fino a 500 g; oli e grassi DOP e IGP (e prodotti con questi conservati); oli e grassi e prodotti con questi conservati, oggetto di vendita diretta da parte di imprese agricole.
“Ci sono delle esenzioni, perché il contributo è imposto solo per quei quantitativi di olio destinati alle attività produttive come ristoranti o pasticcerie, operatori che quando acquistano l’olio lo fanno in quantità elevate. Sono esclusioni basate sul fatto di non gravare con il contributo gli oli che sono destinati alle famiglie”, ha spiegato Campanile.
La possibilità di spostare il punto di prelievo
Per far sì che il contributo sia solo su prodotti effettivamente destinati a diventare rifiuto il CONOE, nel definire le procedure per la riscossione, ha introdotto la possibilità di “spostare” il punto di prelievo sui soggetti che conoscono la destinazione degli oli e dei grassi, in modo da prevenire “inutili pratiche di anticipazione e rimborso”.
“La legge – ha spiegato al nostro sito Campanile – prevede che il contributo venga applicato dal produttore sulla prima immissione del prodotto nel mercato. Questo contributo applicato dal produttore poi viene riversato in fattura a cascata, quindi il produttore non paga il contributo, lo anticipa soltanto, poi lo mette in fattura e in seguito passa alla filiera successiva”.
“I produttori – soprattutto quelli di grandi dimesioni – però, possono non sapere il destino totale del loro venduto, mentre chi lo confeziona e lo vende è conscio dei quantitativi e del destino dell’olio. Quindi il CONOE ha dato la possibilità di spostare l’applicazione del contributo dal produttore, che può essere ignaro delle quantità di olio che vanno all’attività professionale o alle famiglie, al confezionatore che invece confezionando l’olio in contenitori poi sono destinati alla attività commerciale o professionale. Il confezionatore sa benissimo quali sono i quantitativi che devono essere assoggettati a contributo e quindi, si carica l’onere di iniziare l’applicazione del contributo”, ha sottolineato il consigliere delegato del CONOE.
La procedura forfettaria
A ciò si aggiunge la possibilità di adottare una procedura forfettaria, applicando il contributo solo su una percentuale del quantitativo di prodotto oggetto di cessione, sulla base della considerazione che questo è destinato a diventare solo in parte rifiuto.
“Anche qui abbiamo risposto alle esigenze delle imprese”, ha sottolineato Campanile. “Siccome le procedure per l’applicazione del contributo per l’esonero di alcune partite presentavano delle difficoltà applicative, in via transitoria si è prevista la possibilità di adottare la procedura ordinaria o, in alternativa, di forfettizzare il contributo nella misura del 30% dell’immesso sul mercato. Si tratta di un’indicazione che ci viene dalle stesse imprese inerente il quantitativo di materiale che va all’attività professionale, distinto da quello che va alle famiglie”.
CONOE: il contributo è strumento per promuovere corretta gestione dei rifiuti
In generale, ha affermato Camopanile, il contributo al CONOE, ”non deve essere visto come una tassa, bensì come una risorsa da destinare al consorzio per poter svolgere le sue funzioni pubbliche legate alla tutela ambientale e alla salute dei cittadini”. Non si tratta, sottolinea in nota il Consorzio, di una tassa sui frantoi, ma piuttosto di uno strumento volto a promuovere una “corretta gestione dei rifiuti derivanti da olii e grassi, nonché la tracciabilità e la sicurezza della filiera agroalimentare”.
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