Le competenze legislative e organizzative legate alla filiera forestale sono state finora disperse tra le autorità e la confusione politica ha determinato uno stato di abbandono del patrimonio boschivo. Per questo la revisione della normativa nazionale delle foreste, che con il Collegato Agricolo 2016 spetta al Governo, deve determinare un’armonizzazione a livello nazionale che tenga conto delle potenzialità ambientali, sociali ed economiche di questo patrimonio.
È il messaggio emerso nel corso del Forum delle Foreste, l’evento promosso ieri a Roma dal Ministero dell’Agricoltura, Rete rurale nazionale 2014-2020 e Psqf, importante punto di incontro tra istituzioni e operatori per l’aggiornamento della Strategia Forestale nazionale e per la redazione della nuova normativa.
Come può evolvere la gestione del patrimonio boschivo
“La superficie boschiva è passata negli ultimi 60 anni da 5 mln a 11 mln di ettari. All’inizio rappresentava un problema, secondo logiche di sviluppo marginali incentrate sulle città, ma i fatti hanno mostrato il contrario. Se ha senso quanto detto alla COP22 di Marrakech, la via green italiana non può prescindere dalla gestione del patrimonio boschivo”, ha affermato Enrico Borghi, Coordinatore della Strategia nazionale aree interne.
Individuare le strategie utili a livello politico, normativo e operativo servirà a incentivare il ruolo del settore forestale nell’adattamento e nella mitigazione del cambiamento climatico. Un modo sia per contribuire ai target europei sia per stemperare gli effetti negativi del riscaldamento climatico sui servizi ecosistemici: la riduzione dei tassi di crescita e della produttività, la perdita locale di biodiversità, l’aumento del rischio di incendio, l’alterazione del ciclo dell’acqua e del carbonio.
Cambiamento climatico, cosa c’è sul tavolo
Nel tavolo di lavoro dedicato al cambiamento climatico, è emerso come i boschi, di cui ancora non esiste una definizione univoca, da sempre siano considerati marginali nel contributo alla riduzione dei livelli di inquinanti in aria, nonostante possano avere un ruolo più attivo anche nella promozione socio-culturale del territorio. E come, nonostante la ricchezza del patrimonio italiano, sfruttabile innanzitutto nella produzione di energia o in edilizia, le risorse non vengano valorizzate: se da un lato il 90% del legno viene bruciato, dall’altro la maggior parte delle biomasse vengono importate perchè è meno costoso che estarle dai nostri boschi. Sarà dunque importante declinare il tema della “resilienza” in termini di tutela della biodiversità, prevenzione antincendi e implementazione del controllo patologico delle specie. Tutti aspetti per i quali sarà determinante condividere dati e informazioni attraverso la valorizzazione delle reti di monitoraggio esistenti e la determinazione di un obbligo di reporting. Centrale, infine, il tema del mercato volontario dei crediti di carbonio in merito alle attività legate all’uso del suolo, già riconosciuto nel Protocollo di Kyoto (Land-use, Land-use Change and Forestry – LULUCF). Qui i dubbi maggiori riguardano la domanda – le aziende si diranno disposte ad acquistare questi crediti? – e le modalità di calcolo usate dai gestori forestali. Come ci spiega meglio nel video commento Lucia Perugini del Centro euro-mediterraneo sui cambiamenti climatici (CMCC) che ha coordinato il tavolo di lavoro.
Pascoli, aree protette, produzioni agricole, alimentari, artigiane e culturali sono gli elementi delle cosiddette aree interne che, attraverso un coinvolgimento attivo delle comunità locali, possono diventare parte determinante della crescita economica e sociale del territorio. Una corretta politica gestionale può garantirne la valorizzazione diffusa e omogenea? Risponde Marino Berton, Direttore generale AIEL.
http://www.youtube.com/watch?v=Uqpb_ClTknE
Tutte le proposte emerse nei tavoli di lavoro confluiranno in un “Libro bianco” riassunte sotto forma di sfide cui le foreste saranno chiamate ad affrontare.
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