Abbandonate l’idea più tradizionale del legno e applicategli le proprietà della malleabilità, della morbidezza e dell’adattabilità. Dopo, pensate a borse, scarpe, bracciali, cover per iPhone realizzate con un materiale colorato che richiama le trame dei boschi. Arriverete così alle porte della start up avviata da Marcello Antonelli e sua figlia Marta che hanno rivoluzionato il mondo della moda con una tecnologia tutta nuova e 100% italiana.
Quando nasce quest’idea?
Nell’ambito di un progetto curato nel corso della laurea triennale in Fashion Shoes and Accessories Design dello IED di Roma, mia figlia si trovò a lavorare con la pelle di serpente. Convinta animalista, si mise subito alla ricerca di un materiale alternativo. All’inizio non trovammo nulla di simile, poi la squamosità e la trama ci ricordarono il legno. Da qui l’idea: partire dalla betulla, dal noce e dal frassino per produrre un materiale nuovo. Gli esperti del settore dicevano: “è impossibile rendere il legno morbido”. Ho investito personalmente nel progetto e deciso di condurre io stesso i test sul materiale, chiedendo a terzi di fare quelli di resistenza. Il risultato è stato qualcosa di unico.
Grande innovazione ma, anche, elevati consumi?
La lavorazione è molto semplice. Innanzitutto effettuiamo una cernita tra i prodotti di scarto industriale o d’arredamento; successivamente accoppiamo questi sfogliati di legno al cotone e li incidiamo con macchinari laser che creano delle micro forature. Queste lasciano intatte la superficie, così l’aspetto visivo è il medesimo, ma, incidendo la fibra del legno, lo rendono più morbido: il risultato è un multistrato composto da legno e cotone che al tatto e alla vista sembra pelle. Fatte le incisioni, il materiale viene di nuovo pressato e trattato con idrorepellenti ad acqua, fletting naturali usati anche per le imbarcazioni. Il consumo di energia in questa lavorazione è minimo: una macchina laser usa giornalmente 6 kW e ogni ritaglio che otteniamo può essere sfruttato per realizzare un prodotto. L’azienda poggia su fondi propri e sull’aiuto di amici e familiari che, con il loro capitale, hanno deciso di contribuire. Depositata la domanda di brevetto a livello nazionale e, poi, internazionale nel 2011, abbiamo avviato la nostra start up nel 2012.
Ligneah può essere facilmente riciclato?
Una volta terminato il suo ciclo di vita, il prodotto, privato delle parti metalliche se si tratta di una borsa, può essere tranquillamente gettato nella pattumiera. Più che smaltirlo, però, conviene rielaborarlo: a differenza dei materiali tradizionali che non contemplano un secondo utilizzo, questo è riutilizzabile al 100% per realizzare nuovi oggetti.
E il pubblico, dai consumatori ai protagonisti della moda, come ha accolto la vostra idea?
Durante la fiera di Parigi del 2012 abbiamo presentato per la prima volta la prototipazione di questo materiale e raccolto un enorme interesse da parte dei brand più importanti che attualmente stanno testando il materiale. La risposta, quindi, è stata molto positiva: i consumatori oggi chiedono di sostituire la pelle con prodotti naturali, biodegradabili e non inquinanti. L’unica grande difficoltà che abbiamo incontrato è stata quella di far capire loro che si tratta di legno, reso morbido e malleabile dalla lavorazione, e non di pelle stampata. Stiamo molto attenti, poi, a limitare la diffusione di questo materiale perché non vogliamo che venga mixato con la pelle e che si privi della sua natura, generando confusione nel consumatore.
Da un lato la moda che scatena le ire animaliste, dall’altro quella più ecosostenibile che punta sull’innovazione. L’attenzione, qui, converge sul reperimento dei materiali.
Adoperiamo il legno che proviene da foreste europee gestite eticamente e, per ogni prodotto che vendiamo, piantiamo un albero in Niger grazie all’accordo con Tree Nation, organizzazione internazionale impegnata nella lotta al cambiamento climatico. Nel prossimo futuro vorremmo intraprendere nuove iniziative sul territorio, magari anche con la comunità locale.
Secondo lei il mondo della moda è pronto a “cambiare pelle”?
Il mondo della moda accoglie positivamente l’adozione di questi nuovi materiali, ma presenta, al suo interno, ostacoli costituiti dalle abitudini della filiera. Un’azienda che acquista annualmente quantitativi di pelle per un valore complessivo di 10 milioni di euro non può abbandonare una strada battuta ormai da decenni. Qualcosa, però, sta cambiando: oggi ci sono consumatori sempre più attenti che, pur essendo una minoranza, costituiscono uno zoccolo duro e mettono con le spalle al muro chi continua ad adoperare la pelle. Ecco che anche i grandi brand hanno imboccato una via più sostenibile e, a mio parere, entro 4 o 5 anni utilizzeranno materiali naturali.
Progetti per il futuro?
Oltre a borse e scarpe disponiamo – e sono già in vendita – di cuscini, copriletto e cover per iPhone. Abbiamo in cantiere diverse idee sulle quali stiamo lavorando. In particolare, entro Natale vorremmo lanciare dei bracciali con un materiale che imiti il legno nello spessore ma sia più morbido.
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