Legno e vetro sono i materiali che, nel settore della bioarchitettura, stanno dettando la “moda” del futuro. È questo il caso delle Travi Vitree Tensegrity, un esempio di travi segmentate modulari in acciaio-vetro, che potrebbero presto sostituire i più comuni elementi strutturali delle nostre abitazioni. L’idea appartiene al prof. Maurizio Froli dell’Università di Pisa con cui Canale Energia è a colloquio.
Quando ha inizio quest’avventura?
Dieci anni fa mi sono appassionato a queste strutture sia per la loro bellezza, che si può ammirare nei giochi di trasparenze, luci e riflessi, sia per la sfida tecnico-scientifica che mi si è posta innanzi. L’obiettivo è stato quello di trasformare il vetro, materiale fragile e delicato, in un elemento duttile e solido come il cemento armato e l’acciaio. Ho lavorato inizialmente con un modellino di legno e plexiglas e sono passato alla modellazione digitale. Il lavoro ha ricevuto un finanziamento pubblico da parte del Ministero della Ricerca.
Può descrivermi la composizione delle travi di vetro?
Le più comuni travi di vetro sono realizzate con lastre monolitiche – lunghe massimo 6 mt e spesse circa 1 cm – incollate tra loro, stratificate, mediante collanti plastici di vario genere. Quando una di queste lastre si fessura, spesso accidentalmente, viene sostituita con ingenti spese per evitare di compromettere l’integrità della struttura. Personalmente ho ideato un nuovo sistema che non adopera lastre monolitiche, ma si basa sull’uso di triangoli equilateri di vetro precompressi legati da barre o cavi d’acciaio. Per capirlo meglio occorre immaginare l’effetto prodotto dal burattinaio sul proprio fantoccio che si irrigidisce grazie alla tensione creata dal gioco di corde e fili. In questo modo l’acciaio assume il ruolo di collante perché comprime il vetro e riduce l’assorbimento degli urti garantendo alti livelli di sicurezza. Inoltre, costituisce un elemento aggiuntivo di sicurezza, in linguaggio tecnico si parla di “save safe design”, ovvero di progettazione a rottura “sicura” e programmata favorita dalla puntellazione provvisoria.
L’idea è frutto di una sola mente?
Alla riuscita dell’opera hanno contribuito diversi tesisti e dottorandi e tante altre persone: nel 2006 il primo brevetto ha suggellato l’idea concettuale di base, nel 2014 il secondo brevetto ha perfezionato quello precedente consentendo di portare la luce dai 12 ai 30 mt. Queste migliorìe consistono nell’introduzione di dettagli metallici con una forma diversa dalla sezione trasversale e di qualità superiore.
Quali sono i vantaggi derivanti dall’uso delle TVT?
Questa tecnica prevede numerosi benefici: in primo luogo se uno di questi triangoli si rompe basta sostituirlo puntellando il quadro, allentando e ritirando i cavi. Inoltre, regolando ad arte la precompressione e controllando lo spessore dei componenti, è possibile sfruttare la duttilità dell’acciaio e far sì che sia questo – e non il vetro – ad andare in crisi per primo, allungandosi come un chewingum quando il peso sostenuto non è quello corretto. Infine, esistono indubbi benefici di tipo energetico: attraverso la trasparenza è possibile modulare la temperatura interna, sfruttando la luce solare e/o installando celle fotovoltaiche tra una lastra di vetro e l’altra. La trave produce così energia attraverso l’irraggiamento solare delle celle e riesce a ombreggiare l’ambiente quando la luce è troppo intensa (ad esempio d’estate) grazie all’uso dei cristalli liquidi.
E le possibili applicazioni?
L’evanescenza è un elemento fondante dell’architettura moderna, possiamo quindi pensare di proteggere e rendere maggiormente fruibili gli scavi archeologici. La copertura leggera e trasparente realizzata con questa tipologia di trave invade minimamente il sito archeologico ed è in grado di reggere i camminamenti. Inoltre, la tecnologia è applicabile alle zone con alta pericolosità sismica.
Il settore pubblico sostiene a dovere la ricerca italiana?
Questo è il punto dolens della storia: in Italia il mondo della ricerca non accede facilmente ai fondi previsti dai bandi di gara. Il progetto nel 2009 ha vinto il premio Vespucci indetto dalla Regione Toscana e nel 2012 è stato selezionato dal Catalogo Christmust tra i 100 prodotti più innovativi del Made in Italy, con il patrocinio del Ministero per gli Affari Esteri; ciononostante abbiamo ancora difficoltà ad accedere ai fondi di ricerca. I privati, il settore delle costruzioni in particolare, sono maggiormente interessati al lavoro: nel 2014 ho fondato una società che vuole realizzare e commercializzare nuovi modelli delle TVT, ha caratteristiche di spin-off e vanta diverse imprese tra i propri soci. Guardando al futuro penso ad un’estensione spaziale del concetto a solidi che possono assumere diverse forme, i Solidi Vitrei Tensegrity (SVT).
A livello normativo come si colloca l’Italia?
In Italia esistono ostacoli burocratici: la normativa relega in una categoria speciale le costruzioni in vetro. In questo modo solo dopo specifici controlli il Consiglio Superiore ai Lavori Pubblici rilascia i permessi speciali. D’atro canto in Europa (Svizzera, Germania, Francia ad esempio) il vetro viene impiegato comunemente e c’è un quadro legislativo snello ed efficace che evita ai progettisti le “forche caudine”. Nonostante ciò all’estero i colleghi hanno condotto ricerche teoriche e pratiche senza spingersi oltre.
La bioarchitettura, futuro della materia, continuerà a percorrere la strada della semplificazione come via maestra per un (sembra) “ritorno alle origini”?
Bioarchitettura è certamente sinonimo di semplificazione: la trasparenza, in questo caso, consente di risparmiare o di produrre energia (attraverso l’installazione di celle fotovoltaiche nelle intercapedini) e di controllare con più facilità gli interni. Inoltre, le travi vitree possono non solo essere riciclate ma anche riutilizzate senza ulteriori lavorazioni.
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